venerdì 22 febbraio 2019

I ladri del gioco



La nostra dovrebbe essere l'epoca del gioco, le più alte istituzioni mondiali hanno riconosciuto il diritto al gioco.  Quanto emerge invece dalle statistiche invece è che i giochi dei bambini oggi sono spesso solitari ed entro le mura domestiche. 

Cosa è accaduto rispetto a qualche decennio fa, quando i bambini potevano sentirsi liberi di giocare all'aria aperta con i propri coetanei e quando l'unico limite temporale a questa attività era data dalle grida delle mamme che annunciavano la cena in tavola?
Chi ha rubato ai bambini il tempo e lo spazio del gioco? Chi sono i ladri del gioco?

Potremmo dire semplicisticamente che gli adulti con i LORO ritmi serrati e la loro ansia di rendere il gioco sicuro hanno imposto limiti dettati dal come giocare, dove e per quanto tempo. Diciamo più in generale che la cultura stessa e i valori veicolati influenzano le mentalità, gli usi e i costumi. 

Quali sono dunque le caratteristiche del gioco oggi?

Il gioco deve essere prima di tutto sicuro, quindi niente più spazi all'aperto ed esplorazione, ma le mura di casa o di qualsiasi altra istituzione che proponga corsi o laboratori. E se proprio il gioco deve avvenire all'aperto, che almeno avvenga in spazi dedicati. Tutto in un'ottica di sicurezza dove le regole sono dettate da adulti ansiosi.

Un'altra caratteristica che contraddistingue il gioco oggi è la pressione del tempo, e a decidere il tempo non è il bambino, ma un adulto pressato dai mille impegni, che passa da un'attività all'altra e riempie anche il tempo dei bambini con corsi e "corsetti" per rendere "di più" il proprio figlio.
Sono gli adulti che regolano le situazioni di gioco, decidendo per quanto tempo, dove e a quali condizioni il proprio figlio può giocare. Così facendo vengono rubate ai bambini esperienze fondamentali non solo per lo sviluppo della propria autonomia, ma anche per la formazione della propria personalità.

La mia domanda a questo punto è: cosa possiamo fare in veste di educatori per restituire al gioco piena dignità a scuola, ma anche nella vita di tutti i giorni?
Sono convinta che il problema vada analizzato dalla sua base, ovvero qual'è la rilevanza che noi come adulti diamo al gioco?

Io penso che il gioco sia la voce del bambino, l'unico modo che ha, per un certo periodo della sua vita, e qui mi riferisco all'età pre-scolare, per esprimersi, per manifestare desideri, bisogni, ma anche disagi. A partire dal riconoscimento della crucialità del gioco durante l'infanzia, penso si possano progettare percorsi educativi che mettano al primo posto l'esperienza ludica e che non classifichino il tempo in cui si gioca e quindi non si produce nulla, come un tempo perso.
A tal proposito si potrebbe ragionare su un percorso a più step che preveda in primo luogo il riconoscimento della centralità del gioco da parte degli educatori nei servizi per l'infanzia e una progettazione su di esso basata, in secondo luogo una condivisione con tutti gli operatori del servizio e con i genitori e gli adulti di riferimento di tali consapevolezze, tutto in un'ottica di promozione di una buona cultura ludica.


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